Caso Chanel c. Huawei: si pronuncia il Tribunale Ue in favore del gigante cinese.

Si è conclusa in queste settimane la querelle sorta tra Huawei e Chanel, due aziende molto note nel panorama mondiale, risalente all’anno 2017, periodo in cui Huawei depositava domanda di registrazione di marchio figurativo presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Seppur i brand operino in settori del tutto differenti, i problemi relativi al marchio riguardano il grado di confondibilità tra i segni nella percezione del consumatore.
È ben noto, infatti, come Chanel risulti riconoscibile al pubblico grazie alle due C posizionate in modo speculare l’una all’altra che si incrociano nella parte centrale, formando un’ellissi verticale.
Huawei invece, proponeva presso l’EUIPO un logo raffigurante due U intrecciate e rispettivamente rivolte una verso l’alto e l’altra verso il basso il cui intreccio formava un’ellissi orizzontale.
In ragione del fatto che entrambi i loghi risultavano racchiusi in un cerchio, ruotando di 90° il logo Huawei, risultava riscontrabile una considerevole somiglianza con il simbolo riconducibile alla storica maison di alta moda.
La nota azienda francese, infatti, sosteneva che entrambi i segni figurativi giocassero su un meccanismo similare tale da renderli confondibili all’occhio del consumatore e pertanto si opponeva alla registrazione del marchio.
In questo caso, si pronunciavano negativamente sia la quarta Commissione di Ricorso dell’EUIPO che il Tribunale europeo successivamente adito, sostenendo l’insussistenza di qualsivoglia confusione tra i marchi e la profonda diversità dei segni.
Il Tribunale, in particolare, ha dichiarato che le similitudini geometriche non contribuiscono a rendere i marchi concettualmente simili e che la somiglianza determinata da una rotazione risulta irrilevante in quanto la valutazione del nuovo marchio deve esser effettuata per come lo stesso è stato depositato.
Infatti, le lettere stilizzate di Huawei per come disposte non possono che ricordare la lettera “h”, il che rende concettualmente e visivamente diversa tale raffigurazione rispetto a quella delle C di Chanel che si presentano più tondeggianti.
A parere del Tribunale, risulta dunque insussistente il rischio di confondibilità anche nella percezione del consumatore medio.
Nonostante sia comprensibile la necessità di difesa della c.d. brand identity avvertita dalle aziende proprio al fine di rendersi uniche nel panorama economico mondiale, bisogna comunque constatare come i criteri per la valutazione del marchio siano categorici e stringenti.
Chanel, in ultima istanza, potrà adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea al fine di vedere affermate le proprie ragioni.